Elisa Cappellari

Credo nell’importanza e nell’unicità di ogni esperienza umana.

Questa convinzione mi ha portato a trovare affinità con l’approccio costruttivista, con particolare riferimento alla Teoria dei Costrutti Personali (G. Kelly).

Secondo questa visione, la persona è attiva costruttrice del proprio mondo, e cerca di conoscerlo e interpretarlo: l’uomo è visto come uno scienziato (Kelly 1955), impegnato a costruire teorie e metterle alla prova, per dare un senso allapropria esperienza, al proprio mondo e alle proprie relazioni.

Immaginiamo di essere degli esploratori alla scoperta di un luogo sconosciuto, che procedendo nel loro viaggio danno pian piano forma alla mappa di quel territorio: metaforicamente, possiamo vedere in questo modo anche la vita. E così può accadere che, ad un certo punto, ci imbattiamo in un nuovo ostacolo: una strada interrotta, un macigno nel sentiero, un torrente impetuoso o una salita troppo ripida. Qualcosa che proviamo a superare con gli strumenti che abbiamo sempre usato, con la nostra vecchia bussola, con gli scarponi di una vita. Ci hanno accompagnato per tutto il nostro cammino, eppure ora non sembrano più funzionare… ci sentiamo bloccati, senza via d’uscita.

Ed è proprio in quest’ottica che possiamo leggere il “sintomo”, ovvero come la miglior alternativa che riusciamo a trovare, in quel momento, per far fronte agli eventi: la sofferenza è il segno che quella soluzione non è più la maniera più utile per affrontare le cose.

La stanza della terapia è un luogo in cui aprirsi alla possibilità di percorrere strade inesplorate o di vedere le vecchie strade con occhi nuovi; è un’opportunità di indossare nuove scarpe, ritrovando la libertà di muoversi comodamente, senza rimanere intrappolati.